La “dis-in”-formazione continua

Da anni ormai Altra Psicologia urla urbi et orbi che non c’è obbligatorietà sul tema ECM.

Nonostante i cambiamenti normativi, i pareri, il recente rifiuto del TAR, sembra che il continuo gridare all’ingiustizia sia l’unica strategia di questo brand. Al di là di riflettere sull’evidenza del “trademark comunicativo AP” (classifiche buoni e cattivi, manifesti urlati sull’ingiustizia del sistema che, quando non è il loro, chiaramente non funziona…), forse vale la pena ricordare ciò che tutti, ma soprattutto chiunque si occupi di politica professionale, dovrebbe sapere.

Ovvero:

  • con la L. 3/2018 siamo entrati formalmente sotto la vigilanza del Ministero della Salute e al pari siamo stati riconosciuti tout court quale professione sanitaria;
  • tutte le professioni sanitarie svolgono la formazione continua nel sistema ECM;
  • all’interno di queste disposizioni non esiste differenza tra dipendenti o liberi professionisti, come stabilito dalla legge 244/2007;
  • la recente legge 412/2020 ha riaffermato che per i liberi professionisti sanitari l’attività di formazione continua ECM costituisce requisito indispensabile per svolgere attività professionale.

Invece di adoperarsi per promuovere la formazione continua (tema che come categoria, forse dovremmo favorire, dato che si suppone che ogni professionista si mantenga aggiornato e coltivi le proprie competenze lungo tutto il ciclo di vita professionale) Altra Psicologia decide invece di investire in un’operazione politica di disinformazione di massa.

È una modalità antica ma purtroppo spesso efficace anche sulla nostra categoria: creare ad arte un problema, etichettare l’altro come causa e presentarsi infine quale paladino unico capace di trovarvi una soluzione.

Nello specifico questa operazione rischia di portare molti colleghi a vivere gli ECM come il “male assoluto” convincendoli che non esista nessun obbligo e che dietro queste richieste ci sia solo il tentativo di far sostenere ulteriori spese ai colleghi (aspetto questo che in realtà è ovviato in molte regioni in cui sono offerti corsi ECM a titolo gratuito…).

O forse il tema è un altro? Non sarà che dietro certe posizioni si nascondono grossi interessi economici nell’ambito della formazione dei colleghi? Non vorremmo essere tentati dal credere a questo, comunque, in senso più ampio, la visione interpretativa del tema ECM apre davvero molti dubbi sulla buona fede e sulle capacità di lettura di alcuni dei contesti professionali.

Noi riteniamo che la formazione continua sia un valore aggiunto, importante per i professionisti che dovrebbe essere una loro tutela volta a garantire costanti aggiornamenti, soprattutto perché operano in un campo così delicato come quello della Salute. L’ECM è un sistema in costante evoluzione che si sposta sempre più, e già da diversi anni, da qualcosa di riferito storicamente alla categoria dei medici a qualcosa di più aperto e variegato e riferito a tutte le professioni vigilate dal Ministero della Salute. Proprio a questi cambiamenti si lega la possibilità, già in parte fattibile ad oggi, di accreditare un ventaglio sempre più ampio di attività inerenti o anche solo collegabili a tutta l’area del benessere bio-psico-sociale quindi anche e soprattutto psicologico.

Fu a tal proposito che proprio il CNOP presentò un’istanza di modifica dell’acronimo E.C.M. (Educazione Continua in Medicina) in E.C.S. (Educazione Continua nell’area della Salute).

Altra Psicologia invece mantiene da anni una posizione molto diversa, arroccandosi su proposte già bocciate e dimostratamente svantaggiose per i colleghi.

Ma non è tutto: nell’ultimo periodo entra in scena anche l’Ordine del Lazio, a guida AP; che presenta un ricorso al TAR sostenendo che l’obbligatorietà degli ECM è illegittima.

A questo tipo di proposta, che peraltro non vede altri Ordini coinvolti, segue una CHIARA E NETTA risposta: È INAMISSIBILE. Il TAR ha ritenuto fondate le eccezioni di rito sollevate da Ministero della Salute, Agenzia nazionale per i Sevizi Sanitari e CNOP, che contengono le motivazioni di contenuto che abbiamo sopra esposto. I giudici, quindi, concludono sulla base della documentazione “che l’osservanza delle leggi e delle disposizioni concernenti la professione dello psicologo, aventi rilevanza nazionale, spettano al Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, con la conseguenza che ai Consigli regionali o provinciali deve ritenersi riservata la tutela della professione di psicologo per le questioni aventi rilevanza meramente regionale e provinciale“.

Il motivo del rifiuto del ricorso al TAR dell’Ordine del Lazio non è certo basato solo su una mera e abbastanza ovvia questione formale, vale a dire che l’Ordine del Lazio non aveva nessun titolo per mettere in campo tale ricorso, ma si poggia su motivi sostanziali.

Da sempre le divisioni interne fra Ordini territoriali e fra territoriali e nazionale e fra le diverse rappresentanze, compreso ENPAP, hanno notevolmente indebolito la nostra forza a livello nazionale. Un Ordine regionale, come in questo caso il Lazio, che presume di volersi porre quale interlocutore nazionale ed ergersi a paladino della categoria non fa altro che danneggiarci tutti, renderci poco credibili e con ciò crea un danno a carico di tutti gli psicologi italiani. La sentenza ha rimesso le cose al loro posto e per la categoria è un guadagno di immagine, di prestigio e di credibilità.

Attenzione allora: che risposta ha dato AP a questo rifiuto? Anche in questa occasione la nuova trovata non stupisce ed è assolutamente allineata alla politica fatta di denigrazione attacco e svalutazione, aspetti questi che a ben pensare sono proprio l’antitesi di quello che la nostra professione vuole rappresentare: IL NEMICO, IL CATTIVO È IL CNOP (e via di nuovo con il trademark AP di cui sopra). Un padre maligno che vuole vessare un’intera comunità imponendo l’obbligo di formarsi e aggiornarsi… la domanda che poniamo a voi che ci leggete è: ma perché mai dovrebbe essere realistica questa lettura?

Come sempre, guardiamo qualche fatto, concreto (non opinioni).

Quali sono state le azioni del CNOP?

  • fare sì che l’obbligo ECM partisse per tutti solo dal 2020 e non dal 2018 o 2019 (come è accaduto per le altre professioni divenute sanitarie con la legge 3/2018);
  • far riconoscere un bonus di 50 crediti ECM per il 2020;
  • attrezzarsi per divenire provider ECM ed offrire formazione continua agli iscritti, ma anche per rendere il sistema ECM più centrato sull’autoformazione e sulle esperienze professionali degli psicologi.

Dunque: invece di dare contro al papà cattivo, possiamo forse pensare che sia venuto il momento di uscire dall’adolescenza e prenderci carico della realtà delle cose per quella che è? In primis guardandola al di là della propaganda politica. Poi cercando di lavorare in modo costruttivo per renderla sempre migliore, per tutta la categoria (spoiler: i buoni e i cattivi non esistono!).

Non si può essere professionisti della salute a giorni alterni, quando si rivendicano lavoro o vaccini sì e quando si parla di formazione no. È questa l’immagine che vogliamo dare all’esterno?

Per concludere, il gruppo che anima la lista Agire per ENPAP prende le distanze da un certo modo di interpretare il ruolo di rappresentanza e di fare politica: non solo per i rischi di strumentalizzazione populista di certi atteggiamenti, ma perché sembra che a volte manchi proprio la competenza e la conoscenza delle norme, un aspetto che quando va bene rischia di non far crescere la professione, quando va male la penalizza.

A beneficio della corretta informazione facciamo un veloce ripasso storico sulla vicenda ECM:

  1. Gli psicologi, tenuti da sempre alla formazione continua dall’art. 5 del Codice Deontologico, sono stati chiamati per legge dal 2012 a una formazione continua strutturata e condivisa a livello nazionale, fatta di crediti, di provider e governata da sistemi nazionali di certificazione condivisi e costruiti di concerto con gli Ordini.
  2. Da subito il CNOP si attivò e predispose una bozza di sistema di formazione continua specifico per gli psicologi in collaborazione con il Ministero della Salute.
  3. Il dialogo con il Ministero però evidenziò negli anni come la costruzione di una formazione continua solo psicologica fosse distante del grande percorso culturale e legislativo di unificazione di tutte le professioni dell’area della salute culminato con la L.3/2018, di come ciò rischiasse di isolare gli psicologi dentro questo processo, di come fosse discriminante per i colleghi operanti per il Sistema Socio Sanitario e di come un doppio binario che affiancasse all’ECM (appunto comunque già da tempo obbligatorio per migliaia di colleghi dipendenti o consulenti del SSN) con un sistema ad hoc per la nostra categoria fosse anche decisamente costoso e antieconomico per i provider, per gli Ordini e quindi di riflesso per tutti i colleghi.
  4. A ciò si aggiunse in data 14/12/2018 una formale comunicazione della commissione nazionale per la formazione continua (presieduta dal Ministero della Salute) in cui si citava testualmente: “tutti gli psicologi, ancor più oggi ai sensi della L.3/2018 di riordino delle professioni sanitarie, sono soggetti alla formazione continua mediante le regole dell’ECM, in quanto professionisti sanitari. Non è possibile un doppio binario di formazione […] mediante un regolamento specifico”.
  5. Visto tutto quanto sopra, aggiunto al fatto che l’offerta formativa anche gratuita di tutto il sistema ECM nel suo complesso porta a maggiori opportunità per i colleghi, e aggiungendo la necessità di costruire sinergie e politiche di ampio respiro per la nostra professione, la cosa più logica e più sensata per la tutela dei colleghi, fu quella di lavorare non contro, ma nel solco e per un miglioramento complessivo del sistema ECM.

Da qui all’oggi con due posizioni: logica e interessi di categoria seguita dai più versus interessi politici e di voto seguiti da alcuni.

Riccardo Bettiga
Rita Chianese
Francesca De Gregorio
Anna Sozzi